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NANNI MORETTI e la fine ironica e nostalgica delle illusioni
Con cinepresa amatoriale super 8 , quasi nessuna preparazione e uno stuolo di amici e parenti come personaggi , Moretti fa il suo esordio nel cinema italiano nel 1976 a soli 23 anni con “ Io sono un autarchico”, raccontando la sua generazione come nessuno prima, ovvero con uno sguardo critico ma sarcastico, seguendo una struttura narrativa inusitata, fatta di strisce e di situazioni piuttosto che di racconto organico. Una cifra stilistica che lo caratterizzerà a lungo e che renderà il suo cinema davvero unico nel panorama italiano, capace di guardare ai difetti di una nazione con rassegnato pessimismo ma anche con quello spirito ironico e partecipe che sottrae lo spettatore al facile giudizio, alla conclusione semplicistica. Prima come Michele Apicella poi in altri personaggi Moretti sarà anche interprete del suo cinema, dagli evidenti connotati autobiografici ma in grado di superare i limiti della propria esperienza per cogliere il senso della fine delle illusioni di una generazione che voleva cambiare il mondo e che invece ha dovuto accontentarsi di molto meno. Una carriera lunga e non terminata che non abbandonerà mai l’intento poetico di fondo basato su uno sguardo critico , talvolta nostalgico, ma sempre rigoroso del reale, senza mai ricorrere al dramma, ma fermando invece l’inquadratura sul quotidiano, sulla normalità della condizione di vita di un cittadino qualunque. Dimostrando di essere anche un maestro nel sapere dare un senso profondo al vedere, al semplice guardare lo schermo fatto solo di immagini e musica come il suo capolavoro “ Caro Diario” dimostra in più occasioni.
