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SERGIO LEONE , Non solo western all’italiana

Se c’è un regista in grado di dimostrare la grande creatività del nostro popolo, anche e soprattutto quando messo alle strette, questo è certamente Sergio Leone, esempio perfetto di mestierante dotato di intuizioni, di sensibilità artistica e di coraggio, capace di apprendere dall’esperienza e di configurare un percorso di crescita strabiliante. Aiuto regista per molti anni di nomi autorevoli del cinema del dopoguerra, pur di cimentarsi con la regia Leone accetta prima un peplum che non lascerà molti ricordi come “Il colosso di Rodi “, dove però non è difficile scorgere il senso dello spettacolo del suo autore, poi un western che gli propongono due produttori che volevano riciclare scene, costumi e collaboratori di una produzione fallimentare precedente. Lui accetta sapendo che dispone di un budget miserevole e che deve necessariamente combinare le proverbiali nozze coi fichi secchi, rispolvera la storia di un classico giapponese, “ La sfida del Samurai” di Akira Kurosawa e si mette al lavoro.  Ne uscirà nel 1961 il capostipite di un genere che per vent’anni sarà la fortuna del cinema commerciale italiano, un magnifico saggio di bravura dove Leone metterà in campo il suo genio innato e istintivo, capace di trasformare un attore sconosciuto in un personaggio carismatico e immergere una storia scontata in un’atmosfera densa di tensione e di pathos. “Per un pugno di dollari” costò 120 milioni di lire ma fu una folgorazione e la carriera del suo autore non si sarebbe più fermata, in un crescendo di opere sempre più elaborate e spettacolari fino al capolavoro di “C’era una volta in America”, purtroppo il suo ultimo film. Iniziò dunque con un poncho di seconda mano ma finì con Henry Fonda e Robert De Niro che non ci pensarono un attimo a rendersi disponibili quando l’amico Sergio li volle nei suoi film.