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LO SCHERMO NERO, il cinema dei regimi totalitari tra le due guerre

Negli anni 30 e 40 tutti i regimi totalitari europei considerarono il cinema il principale strumento di propaganda e di sostegno al regime e per questo non furono risparmiate energie, risorse finanziarie proclami rutilanti e in alcuni casi, come in Italia con Cinecittà, furono sviluppate strutture, teatri di posa e tecnologie che avranno un futuro anche dopo la fine dei regimi che le avevano sostenute. I risultati strettamente cinematografici non furono mai all’altezza delle aspettative, per la delusione dei committenti che dovettero accontentarsi di inondare gli schermi di un cinema di pura evasione capace di rimbambire un vasto pubblico sempre meno critico e sempre più compiacente.  Quelle rare volte in cui si volle premere e a fondo il pedale della propaganda i risultati furono talvolta catastrofici come per il celebre Scipione l’Africano o deprimenti come l’antisemita “ Suss l’ebreo” ma in generale quasi sempre inefficienti nel dare valore spettacolare ai miti di regime. Cineasti dotati e schierati furono quindi rare eccezioni e realizzarono troppo pochi film per poter dare vita a un organico e continuativo sostegno politico al fascismo, al nazismo e allo stalinismo. Talenti forse nati nel momento sbagliato come Blasetti in Italia, Leni Riefensthal in Germania o i fratelli Vassilev in Unione Sovietica dimostreranno doti non comuni e alcuni (pochi) loro film esempi rari di sostegno convinto alla dittatura in un contesto espressivo e formale di qualità.