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Un mito alla volta: IL FASCINO DISCRETO DELLA BORGHESIA (Le Charme discret de la Bourgeoisie, 1972)

In piena stagione surrealista, Louis Bunel volle portare le ispirazioni di questa corrente delle avanguardie del ‘900 anche al cinema, e realizzò due cortometraggi, Un Chien Andalou, 1929 e L’Age d’Or, 1930, che sono ricordati ancora oggi come vie possibili per dare vita alle dinamiche dell’inconscio sullo schermo. Restarono esperimenti senza seguito, vista la loro frammentarietà, e anche il grande regista spagnolo abbandonò questa strada per dedicarsi per anni a storie di carattere sociale, non esenti da un crudo realismo. Poi, evidentemente, la primitiva passione per il surreale ritornò a galla e, grazie alle esperienze raccolte con il passare degli anni, Bunuel diede vita a un cinema personale e inimitabile, in cui la dimensione onirica è il substrato di narrazioni non più casuali, ma strutturate e complesse. Una cifra particolarissima e godibilissima, che gli permette di azionare alla grande le leva della polemica politica, sociale e religiosa con un sarcasmo, un gusto per la provocazione, un’ironia e una creatività liberi e perforanti. Il Fascino discreto della Borghesia è tra gli esempi più riusciti del suo modo di pensare il cinema, perché la soluzione per rappresentare l’impotenza della classe dominante nel regolare il mondo, è assolutamente geniale nel suo essere tipicamente collocata in una dimensione onirica, in cui prende vita l’intento beffardo. Il gruppo di personaggi che attraversano il film, sono espressione dei poteri di massimo livello delle nostra società, sono la classe borghese per eccellenza, ma i loro dialoghi, il loro modo di essere è vacuo, involontariamente comico e peggio ancora incapace di espletare anche una funzione apparentemente semplice: pranzare o cenare. La paralisi del gruppo, socialmente emblematico, che si aggira in case e ristoranti senza mai concludere nulla, è analoga a quella che capita di patire nei sogni quando siamo impediti anche ad un’azione abituale, ma in quest’opera feroce è soprattutto la trappola in cui cade l’autorità costituita e il perfido Louis non ha remore nel demolire, in questo modo, un intero modello sociale.